JWG

Ein Lehrer, der das Gefühl an einer einzigen guten Tat, an einem einzigen guten Gedicht erwecken kann, leistet mehr als einer, der uns ganze Reihen untergeordneter Naturbildungen der Gestalt und dem Namen nach überliefert. J.W.G.

mercoledì 28 novembre 2012

Commento sull'articolo di P. Rodari

Il celebre biologo statunitense Craig Venter fu invitato nel 2008 a Siena per sostenere un seminario presso la Novartis Vaccines, famoso istituto di ricerca italiano. Grazie al suo contributo, infatti, si è trovato un vaccino contro la meningite di tipo B per la quale non esisteva ancora una cura.
Quello che mi ha colpito maggiormente è il modo in cui Venter difende la scienza ed il progresso affermando che non è la Chiesa, o più genericamente le religioni, ad impedirne lo sviluppo, ma in realtà sono i gruppi religiosi che cercano, con le loro ideologie, di plasmare la mentalità degli uomini contro il progresso e la ricerca scientifica che la società propone. Ciò potrebbe causare un atteggiamento pericolosissimo per la ricerca in quanto queste ideologie influenzano la mente degli individui con preconcetti in grado di minare la riuscita della ricerca stessa.Un altro aspetto rilevante, secondo me, è il rapporto di Venter con l'uomo e la sua vita: significativa, infatti, fu per lui la guerra in Vietnam dove, a causa degli innumerevoli morti, capì l'importanza della vita. L'uomo dovrebbe riuscire a sviluppare un senso di sacralità della vita, dove per sacro non si intende solo un qualcosa di religioso, ma è un concetto che va oltre le religioni e permette una convivenza pacifica tra gli individui.A questo proposito possiamo parlare di Natura come concetto di sacro che racchiude in sé le pluralità e le singolarità del mondo: infatti in essa l'uomo si sente padrone ma anche "ospite" in quanto crede di poterla dominare e sopraffare, ma in realtà è egli stesso dominato e sopraffatto da Lei.In questa visione immanentistica della Natura in cui l'uomo coesiste con essa si può anche parlare del concetto di morte: questa non deve essere vista come una negatività che impedisce all'uomo di vivere serenamente la propria vita, ma va considerata come una condizione necessaria per l'affermazione di nuove forme viventi sulla Terra.
Venter inoltre afferma di essere contro le autorità perché in un certo senso limitano la ricerca e quindi lo sviluppo; compito dello scienziato è, quindi, quello di capire che tipo di futuro vuole avere la società, se essere migliore o peggiore e se favorire o meno la ricerca. Per questo motivo egli sostiene la libertà nella ricerca perché è l'unico modo per far progredire la scienza. Ancora al giorno d'oggi questo dibattito è aperto poiché bisogna agire entro certi limiti: infatti se l'uomo agisce bene non ci saranno conseguenze, ma egli spesso utilizza la libertà che gli è concessa per creare macchine capaci di distruggere non solo sé stesso ma anche il mondo che lo circonda ed in cui vive.Questo è ciò che la scienza vorrebbe evitare più di ogni altra cosa, perché in fondo solo "l'uomo è artefice del proprio destino".

2 commenti:

  1. Sono d'accordo con te per quanto riguarda la considerazione e il rispetto che ognuno di noi deve avere della vita, che sia la propria o degli altri. Bisognerebbe copiare l’esempio del biologo Venter, che dell’esistenza, della vita ne ha fatto un caposaldo della sua professione! Anche lo studioso statunitense a compreso il dilemma che affligge il nostro Paese: la poca ricerca! Questo è un problema difficile che coinvolge anche noi biologi. L’Italia purtroppo né incentiva e né motiva l’indagine scientifica. Anche se, sia qui che nel resto del mondo, c’è ne un gran bisogno.
    Una parte, dell’intervento dello studioso, nella quale non sono pienamente d’accordo è l’idea secondo cui « sia essenziale per gli scienziati poter godere del massimo di libertà ». L’autonomia deve esserci, ma fino un certo punto. Senza regole e limiti la società, ad esempio, potrebbe sfociare in : « uomini e donne tipificati […] “novantasei gemelli identici che lavorano a novantasei macchine identiche!” » com’è scritto nel libro di Huxley “Il mondo nuovo”. Già m’immagino la figura degli scienziati folli del futuro che non si accontentano di covare semplicemente degli embrioni, ma citando ancora il testo « “Noi, inoltre, li predestiniamo e li condizioniamo. Travasiamo i nostri bambini sotto forma d’esseri viventi socializzati, come tipi Alfa o Epsilon, come futuri vuotatori di fogne o futuri…” stava per dire: futuri Governatori Mondiali, ma correggendosi disse invece: futuri Direttori di Incubatori ». Anche se questa è una visone un po’ drastica, non penso che sia questo l’avvenire che ci si aspetta dalla comunità scientifica.

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  2. Credo che quest'articolo, abbia risposto in parte ad una delle due domande relative alla prima lezione: "la ricerca scientifica è obiettiva e affidabile?", e secondo la mia opinione, essa non lo è del tutto. Spesso, la libertà e l'autorità di scelta, devono far fronte al "mondo esterno", a quella società che in maniera diretta o indiretta impone limiti e vincoli. Venter nel testo letto, parla di religioni, che io ho inteso come quella parte della nostra comunità, segnata da un profondo senso quasi conservatore. Con ciò, mi riferisco alla difficoltà a cui, forse, la ricerca deve quotidianamente far fronte: evitare di "smuovere eccessivamente gli animi" degli uomini, con cambiamenti radicali ed innovative scoperte, andando a scardinare magari, quelli che sono ormai i pilastri della tradizione scientifica; oppure semplicemente, non si ha la mentalità adatta per poter accettare, ad esempio, la tecnica degli Ogm, o la creazione di una "vita artificiale". Ciò che al contrario, credo dovrebbe iniziare a diventare parte integrante della nostra società, è la consapevolezza che la scienza sia in continua evoluzione e che il suo "blocco" determinerà una perdita della sua più profonda essenza: la crescita, l'innovazione, lo sviluppo. Si ha probabilmente paura di far progredire la ricerca scientifica?
    Essa, di certo, ha "a che fare" con un'entità superiore, di cui anche l'uomo stesso ne fa parte: la Natura. Già ai tempi di Seneca, l'individuo veniva definito "Spectator Novus", come colui che contempla lo spettacolo del mondo ogni volta come se fosse la prima, scoprendone continuamente la bellezza e la potenza, anche terrificante, della natura stessa. Del resto, essa è stata fin dai Greci, oggetto privilegiato dell'osservazione umana, soprattutto perchè siamo chiamati a destreggiarci ogni giorno nel mondo fenomenico. Penso, con questo, che l'uomo debba continuare a studiarla, a scoprirla, a conoscere e svelare ogni suo piccolo segreto, rispettandola. Egli infatti, non deve peccare di superbia ed avere la consapevolezza che la sua azione possa essere di gran lunga più potente e decisiva di quella natura; non deve mostrare arroganza nella sua ricerca, ma dovrebbe piuttosto, avere la convinzione del rischio, del limite; avere la capacità ed anche il coraggio di provare a superare i confini, portando con sè quel senso del sacro, di cui parlavi anche tu, e capire che ciò che ci circonda è più grande di noi e quindi sicuramente, più pericoloso.
    Noi pertanto, che sentiremo tra qualche anno la parola "ricercatore" sempre più vicina alla nostra vita, dovremmo fare la differenza ed impegnarci con passione, proprio come Venter: in una realtà dura sì, ma che sarà il nostro futuro.

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