JWG

Ein Lehrer, der das Gefühl an einer einzigen guten Tat, an einem einzigen guten Gedicht erwecken kann, leistet mehr als einer, der uns ganze Reihen untergeordneter Naturbildungen der Gestalt und dem Namen nach überliefert. J.W.G.

venerdì 30 novembre 2012

Commento all'articolo di Paolo Rodari: "Parla Craig Venter il padrone del genoma..."



... pubblicato su “Il Riformista” il 28 marzo 2008.

Dalla breve intervista a cui si sottopone Craig Venter emerge chiaramente quale sia la ragione che lo spinge ad intraprendere una carriera da ricercatore e la sua idea riguardo i rapporti etico - scientifici; veterano della guerra in Vietnam, spiega, si imbatte in un orrore tale da far nascere in lui un senso di dovere e di passione nei confronti della vita che lo induce a studiarne la genesi, contrapponendosi alla morte che ha dovuto affrontare, indagando quindi le ragioni d’origine della vita e non le cause della fine.

Evidente diviene anche come per lui la ricerca scientifica non sia finalizzata a se stessa, ma al bene collettivo delle popolazioni odierne e future: si oppone dunque a qualsiasi tipo di movimento ideologico che limiti in qualche modo l’azione della scienza, dichiarando che di fronte al perseguimento di tale bene non esistano ideologie, motivazioni e scusanti valide ad impedirlo.

Discutibile è il concetto di creare forme di vita artificiali (a meno che non si tratti di nuovi “organismi” capaci di combatterne di pericolosi per l’uomo e per la sopravvivenza in generale) mediante la realizzazione di un cromosoma di sintesi, in quanto il concetto di artificiale va contro quello di natura, intesa come manifestazione di se stessa in tutte le forme viventi; interessante è, invece, l’idea di una ricerca scientifica svincolata da qualsivoglia limitazione: Venter sostiene che essa sia valida solo se dettata dalla libertà di agire e sperimentare. Da qui la precisazione che quei limiti non imposti legalmente, ideologicamente e materialmente, debbano comunque essere presenti nella coscienza dell’operatore scientifico, alludendo quindi a un codice etico non scritto dello scienziato. È qui che Venter carica quest’ultimo di duplice responsabilità: in primis quella di svolgere con professionalità e rigore la sua professione, in secondo luogo quella di avere la capacità e la padronanza di capire a quale punto sia necessario fermarsi, dato che la manipolazione scientifica conferisce allo scienziato dei poteri concettualmente non attribuibili all’essere umano (licenza di uccidere la chiama).

Sara Giardina

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