Il protagonista di questo film è
Jean-Dominique Bauby, caporedattore di “Elle”,
il quale è costretto a modificare completamente la sua vita. Egli infatti ha
accusato un malore mentre era in auto con uno dei due figli e si risveglia dopo
un lungo coma in un letto dell’Hospitale Marittime di Berck-su-Mer. Qui scopre
un’atroce verità: è affetto dalla
SINDROME DI LOCKED-IN, ovvero una condizione nella quale il paziente è
cosciente e sveglio, ma non può muoversi o comunicare a causa della completa
paralisi di tutti i muscoli volontari del corpo. Il suo cervello non ha più
alcun collegamento con il sistema nervoso centrale, il giornalista ha quindi
perso l’uso della parola oltre a quello dell’occhio destro. Gli resta solo l’occhio sinistro per riuscire
a prendere contatto con il mondo. Davanti a domande precise può dire “si”
battendo una volta le ciglia oppure “no” battendole due volte. Impara inoltre
un alfabeto completamente nuovo: ”Abbiamo
ordinato le lettere secondo la frequenza del loro uso […] Lei pensa a quello
che mi vuole dire, quando è pronto sbatta l’occhio. Io reciterò questo alfabeto
molto lentamente, una lettera dopo l’altra. Quando arrivo alla prima lettera
della sua parola chiuda una volta e io la scrivo. Allora passiamo alla lettera
seguente e così via. Quando la parola è completa, chiuda due volte come se
premesse la spaziatrice di una tastiera e se faccio un errore apra e chiuda
rapidamente più volte”. Grazie a questo metodo Jean-Dominique è riuscito a
dettare un libro che è uscito in Francia nel 1997. “ Lo scafandro del corpo, non impedì alla farfalla dell’anima di uscire e
comunicare”.
“Oggi mi sembra che tutta la mia
esistenza non sia stata che un susseguirsi di piccoli fallimenti: la donna che
non ho saputo amare, le occasioni che non ho voluto cogliere, gli istanti di
felicità che ho lasciato volare via. Una corsa di cui conosci il risultato ma
sei incapace di tagliare il traguardo. Ero cieco e sordo, ma mi serviva
necessariamente la luce di un'infermità per vedere la mia vera natura? […] Ho
deciso di non compiangermi mai più. Ho scoperto che, oltre al mio occhio, ho
altre due cose che non sono paralizzate: la mia immaginazione e la mia memoria.
L’immaginazione e la memoria sono i soli mezzi che ho per evadere dal mio
scafandro. Posso immaginare qualunque cosa, qualunque persona, qualunque luogo:
farmi accarezzare dalle onde della Martinica, andare a trovare la donna che
amo, rostrarmi davanti a Ozymandias, il re dei re. Posso immaginare qualunque
cosa, viviere i miei sogni di bambino, le miei emozioni di adulto. Voglio ricordarmi
di me così com’ero: bello, disinvolto, affascinante, seducente come un diavolo.
Si, bello e affascinante (o almeno qualcuno lo pensava)! Quello non sono io, è
Marlon Brando. Questo sono io! […] Ho male ai calcagni, la testa come un’incudine
e una sorta di scafandro che mi serra tutto il corpo. Il mio lavoro consiste
ora nel redigere il diario del viaggio immobile di un naufrago arenatosi sulle
rive della solitudine. In origine l’ospedale marittimo era stato fondato per
accogliere i bambini malsti di tubercolosi. […] Oggi sono solo vecchi, disabili
o esseri inerti e muti come me. Un esercito di storpi. Mi faccio spesso
condurre nel luogo che ho soprannominato Cinecittà:
una terrazza sempre deserta che dà su un paesaggio ch emana un fascino poetico
e decadente di certe scenografie del cinema. […] Quello che preferisco è il
faro: slanciato, robusto e rassicurante con la sua livrea a strisce rosse e
bianche. Mi metto sotto la protezione di questo simbolo fraterno che veglia sui
marinai ma anche sul malato che il destino ha spinto alla deriva sui confini
della vita. […] È pericoloso credere ai miracoli personali, poi hai la
tentazione di sentirti importante. Ciò nonostante devo dire che un miracolo ha
effettivamente avuto luogo: mi sono messo a cantare. Grugnisco. Canto. La mia
esecuzione lascia a desiderare e a volte mi pare di sentire ilmio cuore che
batte, ma mi dico che sono le ali della farfalla. Posso guardare all’avvenire:
presto l’estate finirà e io passerò il primo autunno in questo ospedale. La mia
vita è qui, un’eterna ripetizione. Qui! […] Ho una polmonite, proprio nel
momento in cui credevo. Come un marinaio che vede scomparire la costa da cui è
salvato, io vedo il mio passato che si appanna, che si riduce sempre più nelle
ceneri del ricordo.”
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