« Vita è la donna che ti ama, il vento tra i capelli, il sole sul viso,
la passeggiata notturna con un amico. Vita è anche la donna che ti lascia, una
giornata di pioggia, l’amico che ti delude. [...] Purtroppo ciò che mi è
rimasto non è più vita, è solo un testardo e insensato accanimento nel
mantenere attive delle funzioni biologiche. »
Piergiorgio Welby
Le nuove tecnologie permettono interventi
sempre più efficaci sul nostro corpo, oggi noi allunghiamo artificialmente la
vita anche quando i trattamenti non giovano più al malato. Ma non sempre è possibile
sapere se un intervento è ancora utile o meno.
Forse le
nostre macchine non sono sempre così efficaci. Perché noi ci ostiniamo a
proseguire queste terapie inutili? Perché non lasciamo libero il corso della
vita? Perché non accettiamo il fatto che la morte non si può impedire? A mio
avviso le nostre macchine si sostituiscono a noi stessi senza tener conto della
nostra dignità. È più importante la qualità non la quantità della vita. L’accanimento
terapeutico può giovare realmente al paziente oppure conduce ad una
sopravvivenza dolorosa e gravosa e all’insorgere di ulteriori nuove patologie?
Sottolineo sopravvivere, non vivere.
Tra qualche
anno parleremo ancora di “morte naturale”?
La vita continua anche attraverso un monitor dal quale
però non trapassano parole, emozioni, pensieri. Quando parliamo di malattie
incurabili, il paziente non è il solo protagonista del calvario ma i parenti
dei pazienti diventano a loro volta dei pazienti. E nel momento in cui ci
chiediamo se è più giusto mantenerli in vita o lasciare libero il corso della
storia, non sarebbe più giusto domandarci se è veramente possibile ridargli una
speranza di vita. E se non ne abbiamo le capacità è giusto continuare ad
insistere?
Mi sono
posta questi interrogativi dopo aver visto uno dei film che ha consigliato il
professore lo scorso anno, Million Dollar Baby uscito nel 2004 e diretto da
Clint Eastwood. Dopo aver letto la trama credo sia interessante anche il film
Mare Dentro di Alejandro Amenàbar.
Milena Perrone
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RispondiEliminaI problemi dell'accanimento terapeutico consistono nei rischi che il paziente può incontrare, come ad esempio una maggiore sofferenza. Ma è presente anche un altro interrogativo: l'eutanasia equivale ad un omicidio?
RispondiEliminaRiporto la descrizione, del dizionario, di questo termine: "ANTICIPAZIONE, con mezzi indolori, DELLA MORTE di un ammalato inguaribile e tormentato dal male".
Io personalmente non saprei cosa fare.
È un bene far cessare di soffrire una persona malata, ma dall'altra parte ciò è giusto? è etico?
Quando hai scritto "Perché non accettiamo il fatto che la morte non si può impedire? [...] È più importante la qualità non la quantità della vita.", mi sono venute in mente le parole di un personaggio (destinato, per la sua appartenenza ad un rango elevato, a vivere per sempre) del film di "In time": "Non siamo fatti per vivere così! Non possiamo vivere per sempre! Anche se mi sto chiedendo papà...se tu abbia vissuto un giorno nella tua vita".