Sono pienamente d'accordo con Claudia. Scienza e fede, quest'ultima qualunque essa sia (non necessariamente cattolica), non possono prescindere l'una dall'altra perchè una scienza che non attinge ad alcuni fondamentali valori etici, che ci vengono propinati non a caso proprio dalla fede religiosa, è una scienza impazzita, che, superando certi limiti umani, rischia di andare decisamente contro la stessa umanità; così come è vero pure che una fede religiosa, senza una minima prospettiva scientifica alla base del proprio operato, si rivela inesorabilmente una fede "cieca", nel senso che noi viviamo agli albori di un'era tecnologico -scentifica in cui ormai è inammissibile negare l'attendibilità di prove scientifiche quali la teoria darwiniana sull'evoluzione, prove scientifiche che hanno perfettamente messo in discussione lo storico creazionismo su cui tanta parte di civiltà ha fondato la propria visione religiosa della vita. Il discorso di fondo, in sostanza, è: siamo tutti ben coscienti che scienza e fede sono due mondi antitetici, fondati su due visioni della vita che si escludono reciprocamente, ma... Per poter condurre un'esistenza il più "eticamente corretta" possibile, sarebbe bene prendere il meglio da ambedue le visioni, scientifica e religiosa, perchè ciascuna di esse possiede quel "quid" di positivo che consente all'uomo di progredire, di migliorarsi nel tempo: la scienza ci fornisce certezze sul mondo della natura che ci circonda, certezze inconfutabili, molte delle quali hanno permesso di migliorare notevolmente il nostro tenore di vita; la fede, dal canto suo, ci insegna valori morali imprescindibili quali il diritto alla vita, il rispetto per l'essere umano in quanto tale, insomma la fede ci insegna sostanzialmente il valore del perseguimento del bene, nonchè l'importanza della bioetica nel nostro cammino esistenziale. Non possiamo prescindere nè dalla scienza nè dalla fede: conciliare il meglio di entrambe costituisce, a mio avviso, l'unica via percorribile per condurre un'esistenza eticamente corretta. E' chiaro che la scienza ha messo in crisi le certezze teologiche del passato: basti solo pensare all'Intelligent Design; però, da cattolici, non possiamo nemmeno pretendere di vivere in una forma di ottusità che escluda totalmente dalla nostra dimensione esistenziale la scienza, perchè viviamo agli albori di una modernità in cui determinate certezze scientifiche sono inconfutabili, allo stesso modo in cui non si può nemmeno negare che il progresso della scienza ci ha consentito di migliore il nostro tenore di vita e di progredire verso una forma di benessere mirabile. La frase che ho scritto a fine del saggio, "Una Scienza senza Coscienza è una Scienza impazzita, una Coscienza senza Scienza è una Coscienza cieca", vuole essere proprio uno spunto di riflessione su quanto appena detto. Per poter vivere bene, è necessario mettere insieme il meglio della scienza e il meglio della fede, perchè: se la scienza esclude l'etica della fede, conseguentemente rischia di oltrepassare (come già è successo più volte nella storia antropologica) determinati limiti ontologici e ciò va a discapito della stessa natura umana (basti pensare al lancio della bomba atomica su Hiroshima e Nagasaki nel 1945, tanto per fare un esempio), dunque ci sono limiti che la ricerca scientifica non può superare e, se gli scienziati fanno perno su alcuni principi dell'etica cattolica, ciò non può fare altro che giovare all'umanità intera. Allo stesso modo, se la fede esclude il progresso della scienza, questo è un ulteriore danno al progresso stesso della vita umana, perchè non si può vivere restando legati a dottrine teologiche di cui oggi abbiamo scientificamente dimostrato l'infondatezza (e mi riferisco chiaramente al tema della creazione e dell'origine della vita): purtroppo è un datto di fatto che molto probabilmente la vita sulla Terra ha avuto origine dal Big Bang e che l'uomo, anzichè essere stato creato da Dio, in realtà ha avuto origine dall'evoluzione delle scimmie, pertanto è necessario superare certi dogmatismi teologici e accettare con raziocinio ciò che la scienza è riuscita sperimentalmente a dimostrare. Ciò, naturalmente, non significa escludere Dio dalla nostra visione esistenziale: io, in questi anni, da credente (attenzione! non da laica) ho maturato la ferma convinzione che la figura di Dio vada interpretata non tanto come l'"artifex" della creazione della vita e dell'uomo, quanto più come il "fulcro" da cui hanno avuto origine tutti gli ideali del Bene e i principi morali che ci permettono di vivere in modo eticamente sano e di migliorarci nel tempo. Ho maturato la convinzione che se si vive solo secondo la dimensione scientifica o solo secondo la visione religiosa, si rischia di vivere male, in quanto l'adesione ad una sola delle due implica la conseguente esclusione di un qualcosa di positivo per la nostra vita che ci deriverebbe proprio dal considerarle entrambe! Dunque, Scienza e Coscienza devono necessariamente camminare su due binari paralleli, proprio per il Bene dell'Uomo. Ludwig Feuerbach, filosofo tedesco tra i più influenti critici della teologia, in un suo scritto dal titolo "Essenza della religione" sosteneva che «Siamo situati all'interno della natura; e dovrebbe essere posto fuori di essa il nostro inizio, la nostra origine? Viviamo nella natura, con la natura, della natura e dovremmo tuttavia non essere derivati da essa? Quale contraddizione!»: io, personalmente, non da laica bensì da "razionalista" (e anche un pò da "agnostica"), per quanto concerne l'eterno dibattito sul tema dell'esistenza di Dio mi rispecchio a fondo nel pensiero di questo grande filosofo ottocentesco.
Selene Borrelli
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